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Briciole

Prefazione dell’autore a “Briciole”.

Scrivevo, tra l'altro, queste cosucce molti e molti anni or sono. Soltanto qualcuna di esse è relativamente recente. Ora, pubblicandole, avrei avuto qualche cosa da aggiungere ed altro da togliere o da modificare. E sono stato tentato a farlo.

Ma, ripensandoci bene, ho resistito alla tentazione ed ho abbassato la mano, armata di penna, pronta al… sacrilegio.

Ho rispettato il mio scritto, quasi fosse quello di un altro, ed ho lasciata, tale e quale, finanche qualche cognizione scientifica, allora data per certa ed oggi dichiarata inesatta.

Il lettore, dunque, è avvisato: cognizioni, date, fatti, tutto è di quel tempo sorpassato. E, sono io stesso un sorpassato, anche se sopravvivo al tempo!

Perché, poi, non voglio nascondere nulla al lettore, gli confido che, se ho del sentimento, (forse anche eccessivo),  manco affatto di fantasia. Quindi, tutto quanto leggerà è stato (dovrei dire: fu) tratto dal vero, anche se, qualche volta, io l’abbia appreso da altri.

Che la copia sia, più o meno, riuscita, lo giudicherà il lettore. Se egli poi è cosi indiscreto da voler sapere, ad ogni costo, il mio giudizio, gli dirò che non sono, e non posso essere, soddisfatto della mia vecchia copia, e che ora farei altrimenti; ma non posso assicurare che farei meglio.

«Ma, allora, - mi si domanderà -  perché pubblicare queste vecchie cosucce?» Lo spiegherò.

Ho una fotografia di quello che fui. Me la fece un dilettante[1], gentiluomo parigino, quando avevo diciotto o venti anni.

Sono in posa: ho il volto estatico e gli occhi rivolti al cielo, in cerca di ispirazione. I capelli ondulati cingono come un serto la fronte pensosa. Siedo in un'ampia poltrona ed ho innanzi uno sgabello ed un libro, sul quale poggio il gomito sinistro, mentre la mano, semichiusa, puntella dolcemente il mento…

Trovo che il figurato dimostra quasi altrettanta sciocchezza che ingenuità e che, nell'insieme, è un tantino comico ed alquanto buffo. E rido, rido di me. Tuttavia, conservo gelosamente la vecchia fotografia ed ho bisogno di rivederla. Comprendi, lettore?

E vorrei che tornasse il tempo delle speranze pazze e dei miei capelli ondulati. Ma la vita non torna indietro ed il mio giorno volge al tramonto! (30 settembre 1957)

 

 

[1] Emanuel Kemps